domenica 26 aprile 2009

ZURIGO RENDE OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI CON UNA GRANDE MOSTRA .



Pier Paolo Pasolini a New York 1966 (© Duilio Pallottelli/ L'Europeo)

Il Museo Strauhof di Zurigo dedica a Pier Paolo Pasolini una mostra a tutto campo che non ha precedenti in Svizzera. "Pier Paolo Pasolini - Who is me" mette in luce l'enorme talento di uno degli artisti e intellettuali più straordinari e controcorrente del 20esimo secolo.

Pier Paolo Pasolini (1922-1975) è noto internazionalmente soprattutto per i suoi film polarizzanti e provocatori ma sono in pochi a conoscere la vastità e la multimedialità della sua opera. "Nella Svizzera tedesca Pasolini scrittore non è conosciuto per niente, forse si conosce il provocatore degli 'Scritti Corsari' ma non il romanziere e il poeta" spiega a swissinfo Ricarda Gerosa che insieme a Peter Erismann ha curato l'esposizione. "Noi invece volevamo far vedere l'intero Pasolini per far conoscere tutte le forme espressive che ha usato. Abbiamo voluto mostrare sia i film che i romanzi, ma anche la lirica e la pittura."

Ricchezza e varietà di una figura complessa

Dotato di un talento pluridisciplinare eccezionale, Pasolini si è servito di molti linguaggi espressivi per riflettere in modo sincero e lucido su temi arcaici come la vita, il destino degli uomini, la sessualità, la religione e la morte.

Poeta, romanziere, sceneggiatore per il teatro e il cinema, autore di saggi politico-culturali e di critica letteraria nonché di articoli fustigatori della società italiana, Pasolini ha praticato, oltre al linguaggio cinematografico anche la pittura e il disegno.

Ambizioso o quanto meno difficile quindi presentare una mostra capace di render conto della ricchezza artistica, intellettuale e umana di una figura complessa, contraddittoria, scomoda e combattiva come quella di Pasolini. Ma, bisogna ammetterlo, il risultato supera ogni aspettativa grazie a un'intelligente ed efficace strategia adottata dai curatori.

Un poema bio-bibliografico come filo conduttore

"L'opera di Pasolini è estremamente vasta e non è stato facile fare una scelta" ci spiega Peter Erismann. "Ciò che ci ha aiutati è stato un poema autobiografico molto lungo - il cui titolo originale era "Who is me", poi rinominato come "Poeta delle Ceneri" - che Pasolini scrisse nel 1966 a New York in occasione di un soggiorno negli Stati Uniti."

In questo componimento, costruito come una sorta di intervista con un giornalista americano, Pasolini ripercorre alcune tappe della propria vita ma anche della propria produzione artistica, cominciando dalla sua giovinezza in Friuli fino al presente.

"Quest'opera ci ha aiutati moltissimo - prosegue Erismann - è stata come una sorta di filo conduttore, un filo rosso lungo il quale abbiamo sviluppato il progetto espositivo. E sulla base di questo poema abbiamo individuato 24 lemmi chiave che ci hanno permesso di descrivere la sua opera e la sua vita."

Un piccolo dizionario orientativo

In un certo senso potremmo dire che è Pasolini stesso a suggerire i temi del suo cosmo bio-bibliografico. Gli organizzatori li hanno poi frammentati in una sorta di piccolo dizionario che, attraverso rimandi e collegamenti tra le diverse voci, aiuta i visitatori a seguire la complessa vicenda esistenziale, artistica e intellettuale di questo autore. Amicizie, Borghesia, Cinema, Comunismo, Diversità sessuale, Friulano, Impegno, Madre, Morte, Pittura e Disegno, Poesia, Processi, Sacralità, Teatro, Romanzi Romani sono solo alcuni dei 24 lemmi in cui si snoda il percorso espositivo.

A ognuno di essi corrisponde una postazione nella quale, attraverso documenti, lettere, dattiloscritti, copioni, ma anche articoli di giornale e materiale fotografico, ogni tema viene illustrato nel dettaglio mettendo in luce in una prospettiva tutta pasoliniana il legame indissolubile tra gli aspetti biografici e artistici che hanno caratterizzato la sua esistenza.

"Nelle vetrine si mischia di nuovo tutto" precisa Ricarda Gerosa. "Ad esempio in quella che presenta la parola madre non si trovano solo foto o materiale biografico ma anche come la figura della madre è entrata nella sua opera. In questo modo abbiamo voluto far vedere che tutti i temi di Pasolini possono migrare da un genere all'altro."

Un pensatore per immagini

L'opera cinematografica di Pasolini invece è sintetizzata magistralmente in un'installazione di Detlef Weitz e Dominique Müller nella quale una selezione di motivi e forme visuali dei film più importanti -tra cui La ricotta, Uccellacci e uccellini, Teorema, Salò- vengono proiettate in contemporanea su 12 schermi, mettendo in risalto in modo sorprendente l'estetica innovativa del linguaggio filmico di questo discusso regista.

"Fin dall'inizio ci era chiaro che volevamo mostrare anche il suo linguaggio filmico perché Pasolini ha sempre pensato per immagini" sottolina Erismann. "Era affascinato dalla pittura e lo si vede anche in diversi film dove fa delle allusioni alla pittura italiana del '400."

Non è quindi un caso che gli organizzatori abbiano scelto di accogliere il visitatore proprio con la proiezione di "Comizi d'amore" (1963-64), il documentario in cui Pasolini percorre la penisola chiedendo agli italiani la loro opinione sulla sessualità, l'erotismo e l'amore.

Questo film-inchiesta, ritenuto l'autoritratto più spassionato di Pasolini, sintetizza e anticipa in modo perfetto il concetto espositivo. In queste immagini infatti arte e vita sono fuse insieme, l'autore è dentro la sua opera, lo vediamo sullo schermo, ne sentiamo la voce e ne percepiamo i modi miti - eppure anche duri nella loro insistenza - nell'affrontare uno dei temi che ha avuto un ruolo chiave nella sua esistenza di artista e di uomo. ( Fonte: Swissinfo/ Autore: Paola Beltrame)

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giovedì 16 aprile 2009

Tino Vaglieri

Tino Vaglieri, Morte del Minatore, 1956, olio su tela

In questo breve testo raccolgo le parole, che più amo ricordare, di un vecchio amico pittore

“... Se io sono un pessimista lo sono così, per carattere, ma sono anche ottimista, sono terribilmente ottimista, porto avanti delle cose rischiando tutto, fregandomene di rischiare. Sono pessimista perchè non credo che ci sia qualcuno che ti paghi quando fai le cose, non ti paga proprio nessuno, le fai perchè lo vuoi tu. Non c'è spiegazione, la spiegazione la dai tu. Tu fai, fai e basta. Non c'è bene che tenga ne male. Quello che tu sei portato a fare, lo fai. La responsabilità è tutta nostra.”
Intervista a Tino Vaglieri, A. Palumbo, Realismo Esistenziale – Testimonianze, Tesi, Accademia di Brera, Milano, 1998

Tino Vaglieri nel suo studio di via Lazzaro Papi

lunedì 6 aprile 2009

Funzione sociale dell'opera d'arte


5 Aprile 2009
Piazza della Scala
MILANO AMA LA LIBERTA' RIPUDIA IL FASCISMO

Scultura in bronzo di Kengiro Azuma


A partire dagli anni ’50 del Novecento, la storia sociale dell’arte affronta il problema della produzione artistica in stretto rapporto con la società. L’intento è quello di svelare i complessi legami esistenti tra opera d’arte e quadro sociale di riferimento, nel tentativo di analizzare le componenti costitutive di tale sistema: la funzione sociale dell’artista, l’esperienza percettiva dei vari gruppi sociali a cui l’opera è rivolta, le reazioni delle mentalità, il formarsi del “gusto”.



Lo studio dell’opera come deposito di relazioni sociali, coinvolge l’esame dei codici stilistici e iconografici impiegati dagli artisti e dei significati simbolici e ideologici dell’immagine.

momenti della manifestazione

Secondo Francastel, sociologo francese, l’arte, più che espressione letteraria di una società, è essa stessa produttrice di forme e di trasformazioni della civiltà: è struttura, linguaggio capace di instaurare relazioni concrete fra l’essere e l’agire di una data comunità.